L’Uomo e i suoi simboli
Carl Gustav Jung
(e Marie-Luoise von Franz, Joseph L. Henderson, J. Jacobi, A. Jaffé)
Longanesi, Milano 1980 (ed. orig. 1967)
Introduzione all’inconscio
Come sanare la frattura
Il nostro intelletto ha creato un mondo nuovo che domina la
natura e lo ha popolato di macchine mostruose. Quest'ultime presentano
una utilità così indiscutibile che non possiamo neanche immaginarci la
possibilità di fare a meno di esse o di rinunciare a essere loro
subordinati. L'uomo è costretto a seguire inevitabilmente i suggerimenti
della sua mente scientifica e inventiva e a inebriarsi delle proprie
splendide conquiste. Contemporaneamente, però, il suo genio rivela una
terrificante tendenza a inventare cose che diventano sempre più
pericolose, in quanto suscettibili di trasformarsi in micidiali
strumenti di un suicidio universale.
Di fronte alla valanga crescente dell'aumento della
popolazione mondiale, l'uomo ha già intrapreso la ricerca di metodi e
strumenti per arginare questo pericolo. Ma la natura può anticipare
tutti i nostri tentativi ritorcendo contro l'uomo la sua stessa mente
creativa. La bomba h, per esempio, arresterebbe senz'altro la
sovrappopolazione. Malgrado il nostro orgoglioso sentimento di dominio
sulla natura, restiamo tuttora sue vittime, poiché non abbiamo ancora
imparato a controllare la nostra intima natura. Lentamente ma, a quanto
pare, con ostinazione irrevocabile, stiamo cercando il disastro.
Non ci sono più dèi cui si possa ricorrere per invocare aiuto.
Le grandi religioni del mondo soffrono di una crescente anemia: le
soccorrevoli divinità hanno per sempre abbandonato i boschi, i fiumi, le
montagne, gli animali e gli uomini-dèi sono scomparsi nel profondo
dell'inconscio. Poi inganniamo noi stessi tentando di persuaderci che
colà essi conducano un'esistenza ignominiosa fra le reliquie del nostro
passato. La nostra vita presente è dominata dalla dea Ragione che
costituisce la nostra maggiore e più tragica illusione. Con l'aiuto
della ragione - così tentiamo di rassicurarci - abbiamo “conquistato la
natura”.
Però si tratta di un semplice slogan, poiché la cosiddetta
conquista della natura si dimostra al di là delle nostre possibilità per
il semplice fenomeno naturale della sovrappopolazione e si aggiunge
agli altri nostri travagli dovuti alla nostra incapacità psicologica di
realizzare i necessari ordinamenti politici. Per gli uomini resta più
che naturale contrastarsi e combattersi reciprocamente per affermare la
propria superiorità gli uni sugli altri. In che modo, quindi, abbiamo
“conquistato la natura”?
Poiché ogni cambiamento deve originare da qualche parte, è il
singolo individuo che dovrà sperimentarlo e condurlo a buon fine. Il
cambiamento deve necessariamente avviarsi in un individuo e questi
potrebbe essere chiunque di noi. Nessuno ha il diritto di starsi a
guardare intorno aspettando che altri facciano quello che egli non è
disposto a mettere in atto personalmente. Ma poiché nessuno sembra
sapere ciò che deve fare, varrebbe la pena che ognuno di noi si
chiedesse se per caso il proprio inconscio non sia a conoscenza di
qualcosa che possa aiutarlo. Ciò che è certo è che la mente conscia
appare incapace di rendere qualsiasi servigio di questo tipo. L'uomo è
oggigiorno dolorosamente consapevole del fatto che né le grandi
religioni, né le diverse filosofie risultano in grado di fornirgli
quelle potenti idee animatrici che sole potrebbero dargli la sicurezza
di cui ha attualmente bisogno per fronteggiare le condizioni del mondo
contemporaneo.
Ricordo l'antico detto buddista: tutto andrebbe per il suo
giusto verso se gli uomini si limitassero a seguire il “nobile sentiero
dalle otto diramazioni” del Dharma (dottrina, legge) e se penetrassero a
fondo la verità del Sé. Il cristiano ci dice che se gli uomini avessero
fede in Dio, il mondo diventerebbe migliore. Il razionalista, infine,
insiste nel dire che se gli uomini fossero intelligenti e ragionevoli,
tutti i nostri problemi troverebbero una soluzione. Il guaio è che
nessuno di loro si dà da fare per risolvere personalmente tutti questi
problemi.
I Cristiani spesso si domandano come mai Dio non parli più
loro, come si crede che abbia fatto nei tempi antichi. Quando sento
porre questa domanda mi viene sempre in mente l'episodio di quel rabbino
cui era stato chiesto come mai Dio si fosse mostrato spesso agli uomini
nell'antichità e così non avvenisse più, invece, al giorno d'oggi. Il
rabbino rispose: “Oggigiorno non c'è più nessuno che sappia inchinarsi
di fronte alla legge”.
Questa risposta coglie nel cuore della questione. Noi siamo a
tal punto prigionieri della nostra coscienza soggettiva da esserci
dimenticati del fatto, antico quanto il mondo, che Dio parla soprattutto
per sogni e per visioni. Il buddista rinnega come illusioni senza senso
l'intero mondo delle fantasie inconsce; il cristiano, da parte sua,
interpone fra sé e il proprio inconscio la Chiesa e la Bibbia;
l'intellettuale razionalista, infine, non arriva a capire che la
coscienza non esaurisce la totalità della psiche. Questa forma
d'ignoranza resiste nel nostro tempo nonostante il fatto che da più di
settantanni l'inconscio si sia affermato come concetto scientifico
fondamentale senza il quale non è più possibile condurre alcuna seria
indagine psicologica.
Noi non abbiamo più il diritto di considerarci tanto
onnipotenti da porci come giudici dei meriti o dei demeriti dei fenomeni
naturali. Noi non fondiamo più la botanica sull'antiquata divisione fra
piante utili e piante inutili, o la zoologia sull'ingenua distinzione
fra animali inermi e animali pericolosi. Eppure continuiamo a
trastullarci col concetto che la coscienza rappresenti il senso e
l'inconscio il non senso. In sede scientifica una opinione come questa
verrebbe subito scartata per la sua ridicola inconsistenza. Forse si può
dire che i microbi abbiano o non abbiano senso?
Qualunque cosa possa essere l'inconscio, esso è un fenomeno naturale produttore di simboli che si dimostrano significativi.
Come non possiamo attenderci che una persona che non abbia mai guardato
attraverso un microscopio possa esprimere interpretazioni autorevoli
sul conto dei microbi, così nessuno che non abbia mai condotto un serio
studio sui simboli naturali può essere considerato un giudice competente
in materia. Tuttavia la generale scarsa stima sul conto dell'anima
umana è così grande che né le grandi religioni, né le varie filosofie,
né il razionalismo scientifico si sono voluti soffermare a considerarla a
fondo.
Malgrado il fatto che la chiesa cattolica ammetta la realtà
dei somnia a Deo missa, la maggioranza dei filosofi suoi seguaci non ha
fatto alcun tentativo per interpretare a fondo i sogni. Io dubito che
esista anche un solo trattato o una sola dottrina di confessione
protestante che si sia abbassato fino al punto di ammettere la
possibilità che la vox Dei possa venire avvertita in sogno. Ma se un
teologo crede veramente in Dio, sulla base di quale autorità egli crede
di poter affermare che Dio non possa parlare per mezzo dei sogni?
Io ho trascorso più di cinquant'anni a studiare i simboli
naturali e sono giunto alla conclusione che né i sogni né i loro simboli
sono delle sciocchezze. Al contrario, i sogni sono in grado di fornire
informazioni del massimo interesse a coloro che si danno da fare per
comprendere i loro simboli. I risultati che ne derivano, è vero, hanno
poco a che fare con quelle che sono fra le principali occupazioni degli
uomini, come vendere e comperare. Ma il significato della vita non si
esaurisce nel mondo degli affari, né alle profonde aspirazioni del cuore
umano si risponde con un conto in banca.
In un periodo della storia umana in cui
tutte le energie disponibili vengono spese nello studio della natura,
ben poca attenzione è dedicata all'essenza dell'uomo, cioè alla sua
psiche, benché non poche ricerche siano condotte intorno alle sue
funzioni inconsce. Eppure la zona veramente complessa e meno familiare
della mente, quella da cui scaturiscono i simboli, resta tuttora
praticamente da esplorare. Sembra quasi incredibile che, pur ricevendone
segnali ogni notte, la decifrazione di queste comunicazioni sembri
compito ingrato e fastidioso per la maggior parte di noi, pochissimi
esclusi. Il maggior strumento di cui dispone l'uomo, la psiche, è
oggetto di scarsa attenzione e viene spesso disprezzato e considerato
vano. “È solo una questione psicologica” molto spesso significa
semplicemente: non vale nulla.
Da dove deriva precisamente questo enorme pregiudizio? Noi ci
siamo occupati tanto a fondo del problema di sapere che cosa pensiamo da
esserci dimenticati di chiederci che cosa la psiche inconscia pensi di
noi. Per molta gente le idee di Sigmund Freud non hanno servito ad altro
che a ribadire il già diffuso disprezzo per la psiche. Prima di lui
essa era stata semplicemente trascurata; ora si è trasformata in oggetto
di disprezzo morale.
Il punto di vista moderno è indubbiamente unilaterale e
ingiusto. Esso non si concilia neppure con i fatti a nostra conoscenza.
Le nostre nozioni attuali sul conto dell'inconscio dimostrano che esso
costituisce un fenomeno naturale e che, come la stessa Natura, anch'esso
è per lo meno neutrale. Esso contiene tutti gli aspetti della natura
umana - luce e oscurità, bello e brutto, buono e cattivo, profondità e
vacua superficialità. Lo studio del simbolismo individuale e collettivo
costituisce un compito enorme che non è mai stato dominato. Tuttavia ci
si è finalmente incamminati ad assolverlo. I primi risultati sono
incoraggianti e sembrano indicare una risposta per molte questioni fino a
oggi irrisolte dell'umanità contemporanea.
Note:
CONTINUA IN: L’Uomo e i suoi simboli - Carl Gustav Jung - Joseph L. Henderson - Miti antichi e uomo moderno -
Testo tratto da:
Testo tratto da:
Nessun commento:
Posta un commento