Antonin Artaud: frammento dai “Cahiers de Rodez”
Io, Antonin Artaud, sono un grande poeta,
perché ho masticato la poesia anche quando non avevo denti,
e i preti hanno cercato di rubarmela,
e sono stato assassinato sotto la croce
dai Soviet dell’impotenza,
perché ho sempre creduto che si volesse cambiare il mondo o
dire di farlo per non cambiare nulla in se stessi e mettere i propri
incubi sugli altari,
milioni di morti per guadagnare qualche lurida ostia sacramentata,
migliaia di mezzi e nessun vero uomo
là davanti,
merda,
e devo ancora svuotare i testicoli per regalare la mia anima ai dottori?
lasciare forse che la medicina s’insinui profondamente
e subdolamente
nel mio mondo?
per quale motivo devo fornicare con il nulla?
Io uccido in me l’essere,
ossia la parvenza che mi avete lasciato sottraendomi la mia vera nascita,
e intendo finirmi prima di morire,
per fregarvi tutti
e concepire immediatamente dopo la mia morte il ritorno alla nascita.
Perché non posso restare ancora a lungo nell’indecisione di chi
ha un volto ma non certo una testa e questo vuol dire che sono giunto
fin qui acefalo e con l’intenzione di costruirmi un asse perpendicolare
all’apertura delle braccia e che un asse del genere non è un meridiano
né tanto meno il prolungamento di un capestro ma è la linea retta che
dal mio sottosuolo di viscere adeguatamente irrorato nasce come un
soprassalto di sangue che procede verso l’alto e forma così
nell’ascensione – e la cosa è certa,
un preparato, un esordio, un inizio di testa che finalmente
fa a meno del pensiero
e vive non di sola civiltà,
ma anche di giunture che sono dei pieni,
cioè qualcosa che si piega,
che sento adattarsi alla mia volontà,
pur non muovendomi affatto dal mio corpo,
e che nessuno può determinare
né togliermi,
neanche a costo della verità.
Antonin Artaud, Cahiers de Rodez, Maldoror Press, 2011
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